A carnevâ, no a si pensa a nient’altro che ‘a festa

Il Carnevale a Genova è una festa che va ben oltre il semplice divertimento: è un momento che affonda le radici nelle tradizioni popolari, nei riti che si ripetono ogni anno e nelle superstizioni che ancora oggi attraversano le strade della città. Genova, con la sua storia secolare, ha sempre avuto un legame forte con il mistero e il sacro, e anche durante il Carnevale, questo legame emerge in modo particolare, mescolandosi con le risate e i colori della festa.

“Carnevâ l’è ‘na volta da scordâ ogni pena” (Il Carnevale è un momento per dimenticare ogni pena), si dice spesso in dialetto, e davvero il Carnevale genovese è uno spazio di libertà, in cui la città sembra liberarsi dalle preoccupazioni quotidiane, abbracciando la spensieratezza. Ma nonostante l’allegria, sotto la superficie della festa si nascondono antiche tradizioni e credenze popolari che continuano a essere parte integrante di questa celebrazione.

Una delle superstizioni più radicate durante il Carnevale genovese riguarda il “Lupo di Carnevale”, un simbolo che, secondo la tradizione, rappresenta un’oscura figura che appare durante la festa. Il “lupo” è una figura misteriosa, spesso associata a episodi di inganno e scherzi crudeli, ma che si crede anche portatrice di buona sorte, a patto di affrontarlo con spirito di gioco. “A carnevâ, no l’è mai finita finchè ‘u lupo no l’è andato via” (Il Carnevale non è mai finito finché il lupo non è andato via), si diceva un tempo, indicando che il carnevale aveva un inizio, ma non una fine definitiva, poiché questa figura appariva per segnare la fine della festa.

Oltre al “lupo”, c’è anche il rito della “maschera del diavolo”, un personaggio che si aggira tra le strade di Genova, durante le sfilate di Carnevale, con il compito di simboleggiare il male che si sta per sconfiggere. Le maschere diaboliche, spesso fatte di legno o cartapesta, sono portatrici di energia vitale che viene neutralizzata dalla potenza del carnevale stesso. La figura del diavolo viene simbolicamente “scacciata” attraverso le risate e le danze, come un modo per allontanare la tristezza e la negatività, facendo spazio alla gioia e alla festa. “A carnevâ, ‘u diavolo se scappa!” (A Carnevale, il diavolo scappa!), è un detto che i genovesi usano per indicare che durante questa festa non c’è posto per la tristezza o per le preoccupazioni.

Durante il Carnevale, inoltre, molti genovesi, soprattutto gli anziani, erano soliti mettere sotto il cuscino un rametto di rosmarino per proteggersi dai malefici e per favorire la buona sorte. Il rosmarino, simbolo di amore e protezione, veniva usato per scacciare la negatività e portare fortuna nell’anno che stava per arrivare. “A rosmarino a porta fortuna” (Il rosmarino porta fortuna), si diceva, e non mancava mai nelle case delle famiglie che volevano augurarsi un Carnevale senza sventure.

Un altro rituale legato al Carnevale genovese è quello del “gioco del pallone”, un’antica tradizione che si svolgeva nelle piazze, dove giovani e meno giovani si sfidavano in partite di calcio un po’ particolari, con il pallone che rappresentava simbolicamente il cuore della festa. La partita di pallone aveva anche una valenza simbolica, poiché veniva giocata per “buttare via le sfortune” e dare inizio a un periodo di rinnovamento. “A pallon, a carnevâ, l’è ‘na sfida de la vita” (Il pallone, a Carnevale, è una sfida della vita), dicevano i genovesi, che attraverso il gioco cercavano di liberarsi dalle tensioni accumulate durante l’anno.

Non si può parlare di Carnevale a Genova senza menzionare anche la tradizione del “Giochi dei Bastoni”, che prendeva vita nei quartieri popolari. Questo gioco, che aveva radici antiche, prevedeva che un gruppo di bambini armati di bastoni si sfidassero a colpi di allegria e scherzi, senza mai oltrepassare il limite del buon senso. “Un bastone e un sorriso, a Carnevale a l’è tutto” (Un bastone e un sorriso, a Carnevale è tutto), recitavano i bambini genovesi, pronti a divertire grandi e piccoli con il loro spirito di gioco.

In questo mix di risate, giochi, maschere e superstizioni, il Carnevale a Genova si trasforma in un periodo di purificazione, in cui il popolo si prepara a lasciarsi alle spalle le preoccupazioni e le difficoltà dell’anno precedente. “A carnevâ, no a si pensa a nient’altro che ‘a festa” (A Carnevale, non si pensa a nient’altro che alla festa), è il motto che risuona tra le vie della città, dove le tradizioni popolari si intrecciano con il desiderio di svago, creando una festa che non è solo un momento di allegria, ma anche di riflessione, in cui la comunità si ritrova attorno alla propria storia e alle proprie radici.