I detti genovesi e la Pasqua: saggezza popolare e tradizioni religiose

Il quotidiano Conosci Genova è lieto di accompagnarvi in un viaggio attraverso i detti e le usanze pasquali della nostra amata città. Per i genovesi, la Pasqua è un momento in cui fede e tradizione si intrecciano in un racconto che dura da secoli, fatto di riti, cibo e proverbi che custodiscono la saggezza popolare.
“Cò-e trònca e cò-e rùa”
Uno dei detti più celebri legati al periodo pasquale è “Cò-e trònca e cò-e rùa”, che significa letteralmente “Con le tronchesi e con le ruote”. Questo proverbio, che può sembrare oscuro a un primo ascolto, si riferisce alla necessità di affrontare ogni situazione con gli strumenti adeguati, un invito a prepararsi con saggezza anche nei momenti di transizione come la Pasqua. Durante questa festività, i genovesi riflettevano sulla necessità di rinnovarsi, spiritualmente e materialmente.
Le tradizioni nei vicoli: riti e celebrazioni
Nel centro storico, la Pasqua è sempre stata vissuta con grande intensità. I vicoli, o “caruggi”, si riempivano di canti e preghiere durante le processioni della Settimana Santa. Anche oggi, le confraternite organizzano riti solenni, come la processione del Venerdì Santo, dove i “Cristi” vengono portati con devozione tra le strette vie, sotto lo sguardo attento di residenti e visitatori.
Un altro proverbio che i genovesi amano ripetere in questo periodo è: “Chi gh’è fé, gh’è tùtto” (“Chi ha fede, ha tutto”). Questa massima rispecchia il forte senso religioso della città e l’importanza della spiritualità durante la Pasqua. Non è raro che queste parole vengano pronunciate durante le visite ai sepolcri, quando le famiglie si spostano da una chiesa all’altra per contemplare gli altari decorati.
I sapori della Pasqua: tradizioni culinarie e proverbi
La cucina pasquale genovese è una festa per il palato e porta con sé un ricco bagaglio di proverbi. Ad esempio, è noto il detto “Tórta pasquâinna, ùa ghe nèttésta d’uève” (“Torta pasqualina, una palestra d’uova”), che celebra la torta pasqualina, regina della tavola durante le festività. Preparata con strati sottili di pasta sfoglia, un ripieno di bietole (o carciofi), ricotta e uova, questa torta rappresenta la primavera e la rinascita.
Un altro piatto tipico è il cappone magro, simbolo della fine della Quaresima. Con il suo trionfo di pesce, verdure e salse, il cappone magro è l’emblema della ricchezza gastronomica genovese. Anche qui, non manca un detto ad accompagnare la tradizione: “O mâ-o l’é trùsto ma gh’é ricoâzza” (“Il mare è povero, ma ha la sua ricchezza”), a sottolineare come la creatività possa trasformare ingredienti semplici in piatti straordinari.
Il lunedì dell’Angelo: “Aria de scì e pan de meñna”
Dopo la Pasqua, i genovesi amano celebrare il lunedì dell’Angelo con gite fuori porta. Il proverbio “Aria de scì e pan de meñna” (“Aria di mare e pane di montagna”) rappresenta l’equilibrio tra la città e il suo entroterra. Le famiglie si dirigono verso i monti circostanti o lungo la costa, portando con sé il pranzo al sacco, spesso arricchito con le specialità pasquali.
Tra passato e presente: un messaggio senza tempo
Oggi come allora, la Pasqua a Genova è un momento per celebrare non solo la fede, ma anche l’identità cittadina. I detti popolari ci ricordano le radici profonde di questa tradizione, mentre le celebrazioni nei vicoli e sulle tavole genovesi raccontano una storia di resilienza e comunità. Come si dice in città: “Chi vègge Zêna e pôe tùrna” (“Chi vede Genova, poi torna”). E a Pasqua, più che mai, vale la pena farvi ritorno.